La città di Milano si appresta a vivere una piccola rivoluzione, almeno dal punto di vista artistico. Perché delle 121 statue presenti in città, nelle vie o tra le piazze, nessuna rappresenta una donna, e, se si esclude la più celebre Madonnina, nessun’altra.
Eppure di questi tempi appare un fatto singolare e anacronistico. Così, alcuni mesi fa si è deciso di dedicare un monumento a una donna che infiammò gli animi risorgimentali e contribuì fortemente alla causa anti-asburgica.
Il suo nome è Cristina Trivulzio di Belgiojoso, e questa è in breve la sua storia.
Parigi 1831. Il Marchese di La Fayette sta salendo a fatica le scale. Si fa aiutare dal bastone, ormai diventato suo inseparabile compagno di viaggio. Lui che aveva affrontato eroicamente la Rivoluzione Americana e la Rivoluzione Francese, ormai si stava arrendendo al passare inesorabile del tempo.
Però queste scale le affronta volentieri, perché al piano superiore lo sta aspettando lei. La princesse ruinée, la principessa rovinata.
Lei dal suo modestissimo appartamento riconosce l’inconfondibile rumore di quel bastone. Trovava sempre piacevole la compagnia di quel prestigioso anziano amico, senza vergognarsi di mostrargli la sua nuova condizione. Ormai ci era abituata, seppure dopo numerosi sacrifici. Ma in compagnia del Marchese le riusciva tutto meglio.
Non certo facile per una ragazza abituata a tutt’altro tenore di vita.
Perché il nome “principessa rovinata” aveva una sua ragion d’essere.
Nata a Milano, Cristina Trivulzio, discendeva da una delle più importanti famiglie cittadine.
Aveva solo quattro anni nel 1812 quando perse suo padre. La madre si risposò, ma qualche anno dopo avvenne un fatto che cambiò in Cristina la concezione delle cose. Il suo secondo padre venne arrestato nel 1821 con l’accusa di aver cospirato contro il governo austriaco. Fu rilasciato due anni dopo, ma psicologicamente non si riprese mai più. Per lei fu come aver perso un altro padre, e giurò vendetta. Nessun regime straniero poteva reprimere la libertà di un popolo.
Giurò di vendicarsi contro gli austriaci.
Si sposò con il principe Barbiano di Belgiojoso, ma la loro relazione risultò da subito forzata. Il marito del resto preferiva divertirsi in giro con svariate amanti. Lei non ci stette a subire l’onta e, dopo averne dette quattro al marito, scappò in Francia, lontana dalle chiacchiere e dai gossip dei salotti milanesi.
Aveva già avuto contatti con la carboneria italiana quando giunse a Parigi, ma qui intensificò il suo lavoro. Proprio per questo il governo austriaco provvide a metterla sotto stretta osservazione, arrivando perfino a confiscarle i beni. Ma la nostra principessa non si arrese. Non si arrendeva mai.
Visse per un periodo in miseria, cercando di racimolare qualche soldino con piccoli lavori di manifattura. Ovviamente mantenne i rapporti con le élite e scrisse articoli spinosi. Conobbe persone del calibro di Napoleone III, provando a convincerlo a sposare la causa per l’unità d’Italia. Divenne appunto amica del Marchese di La Fayette. Ma non solo. Una volta riacquisite le sue proprietà, finanziò giornali patriottici e continuò a scrivere di suo pugno. Ormai era un punto di riferimento per quelli che diverranno gli eroi del Risorgimento. Ben vista da Cavour, da Carlo Alberto di Savoia, e tra alti e bassi anche da Mazzini. Organizzò congiure con finalità patriottiche, si adoperò per il rilascio dei prigionieri politici, agì in prima persona con piccoli eserciti messi in piedi da lei.
La sua voce contava parecchio.
Fu una immensa personalità la principessa.
Eppure poteva scegliersi una vita normale, all’ombra dei tradimenti del marito. Magari fare numerosi figli e tirare avanti così, tristemente, fino alla vecchiaia. Ma scelse altro. Scelse di essere la donna più libera del suo periodo.
Ora il Marchese di La Fayette sta uscendo dall’appartamento. La serata è stata come sempre piacevole e ricca di spunti.
La principessa lo osserva mentre discende le scale. Guarda quell’uomo, ormai anziano ma dal temperamento del vecchio leone che fu. “Un privilegio poter conoscere queste persone” pensò. Poi si rimette a cucire una delle coccarde che le avevano commissionato la settimana prima. È povera. I tempi migliori dovranno ancora venire, ma verranno. C’è tanto da fare.
Si stringe nelle spalle e sospira con fare allegro: “Non è facile essere me. Cristina Trivulzio di Belgiojoso, principessa sì, ma una principessa… rovinata”.
PS: L’immagine di copertina ritrae palazzo Trivulzio Brivio Sforza a Milano, dove nacque la principessa.