Milano 1476. Caterina ha tredici anni. Anche se non gliene importa e forse nemmeno conosce la sua vera età. Per lo meno adesso non ci sta pensando. E’ concentrata su altro. Non sul suo matrimonio, celebrato ormai tre anni prima con il nipote del papa, Girolamo Riario. Del resto agli intrighi politici di suo padre, la ragazzina non poteva certo dire di no. Ma essendo la figlia, non legittima, del duca di Milano Galeazzo Maria Sforza, erano decisioni cui doveva sottomettersi. E lei a suo padre, nonostante tutto, voleva bene. Così la troviamo qui, il giorno 26 dicembre dell’anno 1476. La messa è appena finita, e per ironia della sorte è il giorno di santo Stefano, nella chiesa milanese di santo Stefano. Lei però sta piangendo. Il corpo di suo padre è riverso a terra, in un lago di sangue, colpito brutalmente da diverse pugnalate proprio sul sagrato della chiesa. Un luogo più che sacro. La gente intorno urla, e spinge. Uno dei tre congiurati viene catturato e linciato sul luogo. Caterina però non vede e non sente nulla. La sua mente è annebbiata. Trema. Piange. Ha troppa paura.
A volte certi episodi possono cambiare drasticamente la vita di una persona. Forse per la ragazza fu così. Perché la piccola, indifesa e spaventata Caterina, diverrà una delle persone più coraggiose e spavalde della nostra storia: la signora di Imola e contessa di Forlì Caterina Sforza. O meglio ‘’la tigre’’ Caterina Sforza.
Forlì 1488. Rimasta vedova di Girolamo Riario, anch’egli assassinato, Caterina, si trovò da sola a dover fronteggiare l’esercito pontificio e quei congiurati che le avevano ammazzato il marito. Aveva nemici sia all’esterno che all’interno della città, per cui si asserragliò con alcuni suoi compagni all’interno della Rocca di Ravaldino, il castello di Forlì. Da qui dominava la situazione. Da qui doveva mostrarsi fiera e sicura di se, per manifestare la propria forza. Ormai era quasi spacciata, e il legato pontificio si fece avanti per trattare le condizioni.
Lei apparve dall’alto delle mura difensive del castello. Era giovane e sfrontata, ma l’esercito del papa possedeva qualcosa che avrebbe fatto crollare ogni pretesa da parte della donna.
Quando il legato si presentò sotto le mura, mostrò i suoi ostaggi, che poi erano i figli di Caterina, dicendo: <<guarda che se non ti arrendi, noi li facciamo fuori uno ad uno davanti ai tuoi occhi!!>> Ovviamente il suo primo pensiero fu di cedere al compromesso. C’erano in ballo i suoi figli, qualsiasi madre si sarebbe arresa. Qualsiasi sì, ma non Caterina Sforza. Non doveva mostrare debolezze, non l’aveva mai fatto in tutta la sua vita, men che meno l’avrebbe fatto ora. Così dette quella risposta che non la fece passare alla storia come la miglior mamma di sempre. Disse: <<fate quello che volete…>> poi sollevandosi la gonna e indicando le parti intime aggiunse: <<…ho qui lo stampo per farne altri!!>>
Clamore, eresia, sacrilegio. I peggiori appellativi ricaddero su quella donna così arrogante. Aveva sfidato il papa. L’aveva sfidato per la seconda volta. Sì perché questa era una delle caratteristiche di Caterina: non mostrarsi mai in difficoltà. Anche in questo caso, poi la situazione si volse a proprio favore.
Forse colpiti dal suo atteggiamento, i papali liberarono i figli della donna e tornarono indietro. La madre volle riabbracciare i ragazzi, ma senza farsi vedere da nessuno.
Mi piace immaginarla mentre commossa li stringe a sé, conscia del pericolo scampato. Perché lei nell’intimo era una brava mamma, ma davanti a tutti si sarebbe mostrata come la donna più crudele del mondo.
Anche se oggi è poco ricordata, offuscata dalla fama di suo figlio Giovanni dalle Bande Nere, Caterina fu un personaggio che lasciò un’impronta pazzesca. Come nella chiesa di sant’Andrea a Melzo, che pare si trovasse in un luogo donato da Galeazzo Maria Sforza a Lucia Marliani, una delle sue amanti. Ecco proprio lì, in quell’affresco sull’abside, alla sinistra della vergine Maria, appare lei. Devota e sicura di se, quasi tranquillizzante, mentre prega ai piedi di una santa che porta il suo stesso nome. Caterina, la piccola e indifesa ragazza che divenne una tigre.