Adriano Olivetti. Il 4 agosto 1932 la sua Ing. C. Olivetti & C diventa semplicemente la società Olivetti.

Adriano Olivetti. Padre ebreo, madre valdese. Ingegnere. Anzi, l’ingegnere, per il mondo.

Fece studi tecnici in contrapposizione al padre, umanista. Ma l’anima intellettuale dell’ingegnere era tutt’altro che tecnica, troppo simile a quella del genitore, e influenzò il correre del suo futuro imprenditoriale.

Il passaggio dalla Ing. C. Olivetti & C a società Olivetti è un gesto non solo formale, ma anche simbolico.

Se l’imprenditore ha di sfondo il progresso sa che il suo nome nel tempo è destinato a sparire, stingersi. Ma sa anche che la azienda che ha fatto crescere, resterà.

Insomma, è quanto fece Olivetti nel 32. Passò da una società con il nome legato ad una persona, ad un brand. E con Società, non intendeva solo l’arte amministrativa, economica, finanziaria, perchè la Società è parte della “società” tutta. I lavoratori, parte degli altri lavoratori. Questo lo schema che rese grande Olivetti, e non solo.

Adriano era ebreo, quindi destinato ad essere soppresso, lui e la Olivetti, dalle leggi razziali. Grazie alla madre valdese si procurò un certificato di battesimo valdese, e si salvò. Salvando anche l’Italia che sarebbe venuta.

Partecipò alla resistenza. Fu l’autista che trasportò Filippo Turati fuori dall’Italia.

Poi venne il dopoguerra. E per una volta, essere italiano volle dire poter essere quello che l’Italia è. Il potenziale creativo di cambiare il mondo. Olivetti fu un dopoguerra di persone, aziende, prodotti che cambiarono il sistema economico, non solo italiano.

Cambiarono l’intendere, in un processo in cui l’imprenditore era uomo che innovava l’ambito in cui viveva. Editoria, sport. Cinema. Tutto era funzionale alla crescita. Della azienda ma soprattutto di lavoratori e del resto dell’umanità, potenziali clienti dell’azienda stessa.

Un processo banale, ma che di sfondo ha il progresso e non il solo profitto.

Olivetti, fu la cultura del boom. Non i libri, ma la “forma” mondiale di quell’epoca.

Così Natalia Ginzburg descrive il giovane Adriano

…era timido e silenzioso, ma quando parlava, parlava allora a lungo e a voce bassissima, e diceva cose confuse ed oscure, fissando il vuoto con i piccoli occhi celesti, che erano insieme freddi e sognanti. » Poi quelle parole e discorsi confusi furono puntini che si unirono nella sua azienda.

La storia della Olivetti fu enorme, assoluta. Cambiò il mondo, semplicemente cambiando il design di quella America che dominava il mondo. Perchè un aspetto che spesso sfugge quando si parla di boom, è che gli Stati Uniti per un decennio, culturalmente, succhiarono da quella classe italiana tutto il possibile.

La biografia industriale della Olivetti è vastissima, e verrà su QBN, tappa dopo tappa, data dopo data. Per partire resta il “segno”. Adriano fu il sapere umanistico con il tecnico. Quello che poi decenni dopo Jobs racconterà, facendo della bella calligrafia un elemento essenziale del suo cambiamento. Le sue macchine da scrivere erano la porta aperta per l’informatica europea. Mancò l’Europa.

Adriano Olivetti, fu Ivrea. Il sogno dell’azienda che diventa benessere sociale e vita bella per tutta la comunità. Per descriverlai, basta citare il discorso di Natale di Adriano Olivetti del 1955. Era l’Italia. Sono più delle venti righe canoniche che consiglia internet. Ma provate ad arrivare in fondo, per capire che un altro mondo, è possibile.

“Verso l’estate del 1952 la fabbrica attraversò una crisi di crescita … A quel punto c’erano solo due soluzioni: … taluno incominciava a parlare di licenziamenti. L’altra soluzione era difficile e pericolosa: instaurare immediatamente una politica di espansione più dinamica… Fu scelta senza esitazione la seconda via…

La lotta continuò in tutto il fronte dell’esportazione: in Germania, in Belgio, in Inghilterra, negli Stati Uniti… In questi ultimi anni … il nome Olivetti è diventato una bandiera che onora il lavoro italiano nel mondo…. Se nella Quinta Strada a New York la Olivetti è il simbolo più significativo di progresso accanto al grande palazzo delle Nazioni Unite, accanto ad altri moderni edifici…

E questa macchina organizzativa è ora quasi a punto, ormai quasi finita. E’ fatta per uno scopo solo: assicurare a questa fabbrica e per chi vi lavora, più sicurezza, più libertà, più benessere.

Il nuovo Centro Studi che spicca con i suoi mattoni azzurri sullo sfondo verde di Montenavale… ha incominciato a funzionare nell’estate.
… si studiano nuovi prodotti intesi a mantenere il primato europeo che abbiamo raggiunto nel campo delle macchine per ufficio. L’équipe di Natale Capellaro ha messo a punto lo scorso anno, la nuova calcolatrice N 6 che sarà messa in vendita con il nome di Tetractys ….

…Nella dura. battaglia contro i colossi americani e tedeschi amiamo ricordare come similitudine i metodi e i mezzi delle battaglie navali: corazzate, incrociatori, torpediniere, navi grandi e navi piccole, nessuna da sola potrebbe vincere, tutte insieme fanno un corpo che è difficile abbattere. In questa similitudine la Lettera 22 è la piccola torpediniera che si infiltra dappertutto e le grandi contabili ed elettriche sono le corazzate cheper vincere la loro guerra devono essere difese da una cortina di macchine più piccole e più agili…”

Sembra un’altra Italia, vero? Ci sarebbe da rimpiangere, se non ci fosse una semplice considerazione, in fondo, sotto sotto, quegli italiani erano i nostri nonni… Qualcosa, deve essere pure rimasto.

Avanti!

cc